Cotzata #8: I 6 fattori che rendono redditizia la tua azienda

Ho grande stima per gli imprenditori. Ne ho conosciuti oltre un migliaio da quando faccio il Formatore Sovversivo, e devo dire che -salvo rare eccezioni- ho sempre incontrato persone volenterose e intelligenti, che avevano immolato la propria vita all’azienda.
Li capisco, perché anche io come loro gestisco società che ogni giorno devono lottare per crescere e portare utili, e so quanto è dura la cosa.
Vi dirò di più: voglio bene agli imprenditori! Soprattutto quelli piccoli e medi, perché sono i più bistrattati da questo “sistema italiota” che fa di tutto per metterli in difficoltà, invece di premiarli per la ricchezza che creano.
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Per questo mi concederò il lusso di dire loro tutto quello che un collaboratore, un fornitore o un cliente raramente potrebbe, per il giustificato timore di incrinare il rapporto professionale.
Lo farò perché sono convinto che sia l’unico modo per aiutarli davvero, evitando i pietismi e gli inutili giri di parole.
Quindi se anche tu vorrai “salvare” un imprenditore, invitalo a leggere questo articolo.
Forse all’inizio potrà soffrire nel prendere consapevolezza della sua situazione, ma ti garantisco che alla fine ti ringrazierà di cuore!
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Partiamo quindi dal punto zero, che è anche il più dolente:
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0. L’IGNORANZA IMPRENDITORIALE

Cosa vuol dire? Semplice: che per anni hanno guidato le aziende puntando tutto sulla loro conoscenza tecnica trascurando la parte più importante, ovvero la competenza imprenditoriale. Alcuni per fortuna erano talentuosi, altri imparavano a fare le cose a forza di errori, ma molti erano solo concentrati in un’area dell’azienda: chi in produzione, chi nell’ufficio tecnico, chi nel commerciale o in amministrazione. Erano i migliori operai della loro azienda, o tecnici formidabili, ma finivano con il trascurare la visione d’insieme, con interi settori sbolognati a qualche collaboratore, a sua volta assunto… ora vedremo come, nel primo punto della nostra analisi:

 

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1. LA QUALITÀ DEI COLLABORATORI
Se c’è una cosa che non tollero è l’imprenditore che si lamenta dei suoi collaboratori, “in generale“. Non di uno o due, o per qualche atteggiamento specifico. Assolutamente no!
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Parla della mediocrità diffusa dei suoi collaboratori come se all’improvviso una energia misteriosa li avesse materializzati in azienda, a sua insaputa.
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E non solo: per un beffardo complotto ordito da oscure forze del male le persone materializzate erano anche le più stupide, incapaci, menefreghiste dell’intero globo terraqueo!
E cosa scopri? Che all’epoca sono state selezionate con 4 domande di quelle veramente forti, tipo: “Ma a te piace lavorare?” oppure: “Dimmi tre pregi e tre difetti“. Per poi prendere il meno peggio (perché si era di fretta), oppure il figlio dell’amico di infanzia che ci ha chiesto il piacere…
Per non parlare poi dello strana circostanza per quale ogni tanto anche a quelli bravi aiuterebbe avere nuove competenze, sia tecniche che relazionali.
A tal proposito mi viene sempre in mente un improbabile allenatore di una squadra di calcio che affermi: “Ma no, quello è un buon attaccante, l’abbiamo preso trent’anni fa, mica ha bisogno di allenamento per giocare bene quando è in partita“.
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2. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA
Se siete imprenditori fate questo gioco: andate dai vostri collaboratori e chiedetegli: “Ti è chiaro il ruolo che hai in azienda ed il risultato che voglio da te? E ti comunico di volta in volta cosa devi fare per ottenerlo?“. Se vengono sopraffatti dall’emozione (o dal timore reverenziale) e per concludere in fretta l’incontro ti rispondono di sì, fai la domanda di verifica: “Ovvero? Quale risultato credi che io voglia da te e cosa stai facendo per ottenerlo?“.
Ho visto aziende con l’organigramma diligentemente appeso, ma risalente al 1976, anno di fondazione dell’azienda da parte del nonno. Organigramma in cui risultava ancora lui a capo di tutto, sebbene tristemente deceduto dieci anni prima. Oppure le aziende jolly, in cui tutti fanno tutto, che come si sa è la maniera migliore per ottimizzare tempi e ridurre gli errori.
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A proposito, conoscete la percentuale delle attività inutili 
o che sono fonti di sprechi una azienda? 
Ve lo dico io: oltre il 50%!
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Detto questo, se siete veramente tipi coraggiosi, convocate una breve riunione in cui chiedere a tutti: “Vi è chiaro in che direzione sto portando questa azienda, ovvero la mia strategia da qui a 3 anni?“.
Ecco, se stai pensando “Tre anni? io manco so quello che farò la settimana prossima…” allora troverai utile il prossimo punto.
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3. LA STRATEGIA
Questa della strategia aziendale sembra roba aliena, adatta solo a potenti multinazionali desiderose di conquistare il mondo. “Mica sono Bill Gates io, ho una semplice azienda con 30 dipendenti” mi sento spesso dire da imprenditori mattacchioni in vena di scherzi. Anche se devo ammettere che la mia preferita è un’altra, ovvero “Ma io mica ho tempo per queste cose qui!”, come se gli stessi dicendo di tirare la sfoglia a mano per farmi un piatto di tagliatelle.
Che poi questo del “tempo che manca” sono sicuro che sia un virus, iniettato di nascosto agli imprenditori quando vanno ad aprire l’attività in camera di commercio. Non è possibile che siano perennemente agitati ed in tensione!
Ad ogni modo, anche ai più impegnati farà piacere sapere che
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la strategia si fa in una giornata, due al massimo, 
seguendo un semplice modello che esplora i vari ambiti aziendali,
tra cui le partnership fondamentali (con fornitori, colleghi, associazioni), la mappatura delle competenze, il posizionamento dell’azienda sul mercato, la riduzione degli sprechi interni, i canali da utilizzare per marketing e distribuzione… in buona sostanza una sintesi di ciò che ti contraddistinguerà dai concorrenti e la modalità con cui comunicherai questo valore unico al mercato.
E se non avrai tempo per fare tutto questo? Beh, poco male: preparati solo ad un’elettrizzante lotta, tutta sul prezzo, fino a quando la crisi non finirà. Ovvero per sempre.
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4. I NUMERI
La prima cosa che ti verrebbe da chiedere ad un imprenditore che si lamenta degli utili sempre più risicati è: “Con quale margine vendete i vostri prodotti e/o servizi?“. O più in generale “Quanto margina l’azienda nel suo insieme?“.
E qui davvero l’imprenditore tira fuori la sua più grande ed affascinante dote: la creatività.
Perché si passa da risposte macroeconomiche, tipo: “Dipende”, a quelle più raffinate: “La nostra è una nicchia, è impossibile calcolarla”.
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Ed in effetti in molti non si capacitano che esista un modo piuttosto semplice per calcolare la marginalità, addirittura per categorie o singoli prodotti.
Io la chiamo la modalità “Art Attack”, senza utilizzo di colla vinilica.
Se sei un imprenditore seguimi passo passo:
  • Calcola la somma del fatturato totale, ovvero i ricavi. Fatto?
  • Ora calcola la somma di tutti i costi fissi (quelli che hai a prescindere da quanto produci, tipo affitti/muti, personale dipendente, utenze, leasing, consulenze etc.). Fatto?
  • Ora prendi una calcolatrice e dividi il valore dei costi fissi per il totale dei ricavi. Poi moltiplica per 100. Fatto?
  • Bravissimo! Hai appena scoperto quanto incide la tua struttura rispetto al fatturato!
  • Ora sottrai questa percentuale al prodotto o servizio che vendi. Per esempio se vendi a 100 e l’incidenza dei costi fissi è del 25% dovrai togliere 25. Fatto?
  • Ora al valore rimanente (nell’esempio appena fatto sarebbe 75) sottrai tutti i costi variabili, ovvero quelli che sostieni per produrre quel prodotto (o che spendi se lo acquisti da altri). Fatto?
  • Miraaaaaacolo! Hai appena scoperto il tuo utile su quel prodotto o servizi

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Sarebbe anche utile sapere che i dati del conto economico (ovvero i costi ed i ricavi che trovi sul bilancio) sono una cosa diversa dal flusso finanziario (le reali entrate ed uscite, ovvero il flusso di cassa), oppure come calcolare il break even point della tua azienda.
Ma per adesso può bastare il calcolo della marginalità sui tuoi principali prodotti. Mica per altro: se ti lamenti che lavori in rimessa, potrebbe aiutarti sapere su quali prodotti o servizi perdi o guadagni. Così, giusto per evitare di continuare a proporre quelli su cui ci rimetti e facendo un po’ di azioni marketing e commerciali su quelli su cui guadagni di più. Non guasterebbe, che dici?
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5. MARKETING E COMMERCIALE
Visto che ne abbiamo accennato, non possiamo trascurare questo aspetto aziendale.
Innanzitutto chiariamo una cosa: proporre commercialmente ciò che si produce non porta alla dannazione eterna. Puoi essere considerato una brava persona anche se hai dei venditori che contattano potenziali clienti e persino se fai una campagna marketing mirata.
Lo dico perché in molti casi, quando si affronta questo argomento, vedo una ritrosia a fare determinate azioni che parte del retro pensiero che “se i clienti vogliono qualcosa devono essere loro a chiedercelo”. Quella di proporsi è vista come un’attività svilente, per chi è ancora davanti al fax (sì, il fax), in attesa che gli ordini tornino ad arrivare grazie ad un annuncio televisivo che dica: “Signori, oggi la crisi è finita! Potete ricominciare a comprare!”.
Che poi, diciamolo, se uno davvero vuole oggi può fare marketing anche con budget ridotti. Esistono le newsletter, i blog, i social network, i sondaggi, le mail, le lettere, gli sms, i piccioni viaggiatori 2.0.
Insomma, a meno che uno non stia davvero utilizzando ancora i fax, è piuttosto evidente che qualcosina è cambiato nel modo di interagire con i clienti.
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Soprattutto che non esiste più il rapporto cliente/fornitore, 
ma che oggi servono le partnership e le reti d’aziende.
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Buttate via quelle orrende brochure patinate, fate un immenso falò con i cataloghi illustrativi che avete in magazzino e cominciate a scoprire cosa potete fare con un semplice tablet.
E soprattutto trasferite in azienda il concetto che oggi tutti devono essere venditori: l’amministrativa, il tecnico che va dal cliente, il responsabile di produzione che dialoga con l’ufficio acquisti. E se non sanno farlo allora bisogna che sia tu a dar loro la possibilità di formarsi.
Questo è il tuo miglior investimento possibile, bellezza mia.
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6. POSIZIONAMENTO
Ho inventato una cosa bella assai per spiegare il posizionamento, che chiamo la “Clessidra del valore”. La spiego ai miei corsi e forse un giorno ne parlerò anche qui sul blog, ma la cosa importante da capire è una: il cliente ti mette sempre in una posizione… lo so, spesso quella a novanta gradi, ma qui intendo una cosa diversa!
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Il che significa che oggi competi in due modi opposti: perché sei il più economico (il basso della clessidra) o perché sei il migliore (l’alto della clessidra). Chi non è il migliore e neppure il più economico finisce in mezzo alla clessidra, dove di clienti ce ne saranno sempre meno, per un motivo semplice: la classe media andrà sempre più riducendosi, mentre aumenteranno i molto ricchi ed i molto poveri. 
Tu chi vorrai servire in futuro? I molto poveri che cercheranno solo il prezzo basso o i molto ricchi che vorranno prodotti e servizi esclusivi? Sappi che il non decidere avrà un effetto: ti ritroverai nel mezzo della clessidra. E chi rimarrà lì a lungo e destinato a fare una brutta fine.
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So bene che questo finale così triste andrebbe evitato, perché non è bello lasciare i propri lettori demotivati.
Allora ti dico una cosa che sicuramente ti tirerà su di morale:
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l’80% dei tuoi concorrenti non fa assolutamente nulla di tutto questo!
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Infatti chi ti sta portando via i clienti è spesso quel 20% di imprenditori evoluti che hanno compreso prima di te l’importanza di questi fattori.
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Sappi quindi che in queste poche righe sono racchiuse le azioni chiave per trasformare un’azienda decotta in una redditizia: collaboratori selezionati e competenti, organizzazione efficiente e senza sprechi, strategia chiara e concreta, consapevolezza sui numeri ed i margini, marketing moderno e spinta commerciale, posizionamento ben definito.

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